“Questo non è X Factor” grida Midge Ure presentando la band. La band sono gli Ultravox e lui sa bene di essere stato se non l’origine di tutto, almeno il capostipite di un genere che la new new (e quante altre new) wave sta saccheggiando in questo momenti in una radio vicina a voi.
L’occasione per sentire i pezzi del loro repertorio da chi effettivamente li ha scritti è il concerto della band per far sapere al mondo che è uscito il primo disco di inediti della original line-up dal 1986, Brilliant. Il passaggio all’Alcatraz di Milano “rimpicciolito” da tendoni ma gremito di over-50 e nostalgici new wavers è stata una due ore di grande sentimentalismo. Non che la musica degli alfieri del synth pop richiamasse più di tanto al romanticismo che cronologicamente li aveva seguiti negli anni 80. Qui si parla di relazione sentimentale profonda tra chi era misfit all’epoca del punk nel 1978 e chi è accorso per guardare la leggenda in faccia.
Il fulcro di questa epifania di sentimenti sono Billy Currie, che suona il violino e le tastiere, il bassista Chris Cross, ritornato onstage dopo essersi fatto un decennio da psicoterapeuta, il batterista Warren Cann e la voce e immagine del gruppo, Midge Ure. Sono loro che hanno portato avanti il nome Ultravox quando lo sperimentalismo di John Foxx migrò su altri versanti già mentre i 70 diventavano 80. E in quel periodo successe davvero di tutto: Cann entrò nei Buggles (quelli di Video Killed The Radio Star) e suonava con Gary Numan. Quando Midge Ure era disponibile scrivevano sotto il nome di Visage (che tempi!).
Il concerto, che è anche la seconda volta del gruppo in Italia dopo la reunion del 2010, parte con la nuova Brilliant, subito seguita da New Europeans da Rage in Eden dell’81. E qui i ricordi iniziano a riattivarsi, diventando vorticosamente impetuosi soprattutto in Reap the Wild Wind da Quartet dell’82 che è anche il loro unico singolo di una certa popolarità in America. Midge Ure è un cantante ancora impeccabile e lo dimostra davanti al suo pubblico anche sulla robotica Sleepwalk che è l’ipnotica apripista del celebrato album Vienna. Adesso si capisce perché Geldof lo chiamò per scrivere il singolo più venduto di tutti i tempi (allora) in una settimana (quello di Band Aid). E adesso si capisce anche perché il suo senso per la melodia gli aveva fruttato un’inaspettata seconda primavera proprio in Italia con il singolo Breathe negli anni 90. La band ha una maestria talemnte consumata da potersi permettere addirittura Vienna e Lament a metà del set, lasciando più vicina alla conclusione la notevole Dancing With Tears in My Eyes che nel 1984 li riportò in classifica quando il synth pop era più virato verso I Pet Shop Boys che Gary Numan. La canzone parlava di terrore per l’esplosione nucleare, tema caro agli artisti degli anni 80, e gli Ultravox ne fanno una riedizione lunga e fedele. È anche l’unico passaggio dello show dove nel chorus troppo alto Midge Ure ha qualche difficoltà. Per il resto, sul finale, quando sembravano già bruciati tutti i successi da classifica, gli Ultravox sfoderano la loro anima più solenne con Hymn e The Voice, recentemente tornata in auge (anche nei commenti di youtube) grazie al ripescaggio di Morgan nell’attuale X Factor. Un commiato a effetto con tamburi schierati in fila davanti al pubblico, festa, ricordi, saluti. Gli anni 80 davvero non finiscono mai.
CHRISTIAN D’ANTONIO