Il testo è di Vincenzo Incenzo, l’autore di molte canzoni d’amore pop, tra cui spiccano quelle di Zarrillo. Il regista è il mitico Gino Landi, quello che faceva sognare gli italiani negli anni 80 con i grandi show del sabato sera. Ma l’attrice è un volto di questi anni 2000, Serena Autieri, una bionda napoletana che più contemporanea non si può (addirittura in tour con la figlia di un anno). Eppure tutto funziona e sorprende positivamente in La Sciantosa, la storia di Elvira Donnarumma interpretata dalla cantante e attrice con armonia, divertimento e soprattutto passione.
Non da meno i musicisti in scena, preparati, solerti e rispettosi della classicità della canzone napoletana che inevitabilmente fa da spina dorsale allo show. Vista al Nazionale di Milano, la Autieri non sfugge all’dea che ci si è fatti di lei in questi anni in cui ha lavorato spesso in tv, sempre a teatro: grande professionista, voce incredibile, con qualche mossa da adottare con più malizia per aumentarne la comunicativa.
Ma lo spettacolo è affrontato con dolcezza ed entusiasmo, con in scena un leggiadro e bravissimo Alessandro Urso, quasi un mimo alla francese che risulta un godibile contorno alle vicende della Sciantosa protagonista. Anzi, meriterebbe di più nell’economia della resa scenica. Poi c’è il repertorio immenso, a cui si attinge come bimbi nel paese dei balocchi. Nessuna delle riproposte evergreen (ma è quasi riduttivo citarle così) è fuori luogo, tutte hanno una dignità, da Come facette mammeta (1906) a
Santa Lucia luntana (1919), Ninì tirabusciò (1911),’O surdato ’nnamurato (1915). La Autieri, come dicono i vip amici in un videomessaggio proiettato all’inizio dello show, è la perfetta interprete “anche se bruna”, come giustamente fa notare in video una passante dal “cuore” di Napoli. Baudo, che la lanciò a Sanremo 2003, De Sica e Salemme hanno parole di massimo rispetto.
Per chi non avesse dimestichezza con la tradizione partenopea, qui c’è tutto un mondo rivelato: i caffè chantant di inizio 900, i richiami e ammiccamenti quasi sempre leggeri ed eleganti a un’attrazione sessuale tra frequentatori e starlette dei teatri in epoca pre-cinema e televisione. E soprattutto la vicenda personale di una donna qualunque che di sera sbarca il lunario vestendo i panni di una “Chanteuse” che in napoletano poi diventa il titolo dello spettacolo. Quando riprenderà il tour, non lasciatevela sfuggire.
CHRISTIAN D’ANTONIO