Mettiamola così: ogni decennio ha il fenomeno teen che si merita. Se negli anni 80 i Duran Duran provavano a scrivere un post-punk mainstream, nei 90 i Take That si limitavano al ballo e a riprendere echi dei vocal groups. Oggi invece, i One Direction sono quel che appaiono, cioè cinque bellocci figli di un talent show e di una cassa di risonanza senza precedenti nei social network. E i primi a confermarlo sono proprio loro, in conferenza stampa a Milano per lanciare Take Me Home, il loro secondo album. “Siamo coscienti che il buzz che si crea attorno a noi ancora prima di arrivare in un posto è in gran parte dovuto ai nostri fans sui social network. È anche un buon modo per noi per sentirli più vicini, cerchiamo di dialogare in un modo che altre generazioni si potevano solo sognare con i loro gruppi preferiti”.
Se poi questo porta anche a radunare migliaia di adolescenti davanti all’hotel dove soggiorna la band e addirittura a un accampamento fuori controllo agli studi di X Factor dove sono stati ospiti, tanto meglio. Perché i One Direction non sarebbero davvero niente senza l’assedio che dal web si sposta nella realtà. E c’è da riconoscere che in quanto a fenomeno siamo a livelli di mania come non se ne vedeva da anni, anche se in questi casi la tenuta è solitamente breve. Niall Horan (19 anni), Zayn Malik (19 anni), Liam Paybe (19 anni), Harry Styles (18 anni, il capobanda con aria da simil-Jagger) e Louis Tomlinson (20 anni) nel giro di qualche estate cresceranno e difficilmente conserveranno il loro appeal. Ecco, cosa credono di avere i 1D che fa così presa sul pubblico di oggi? “Siamo nei video così come siamo nella realtà, ci piace farci ritrarre allegri e spensierati perchè siamo davvero così. Poi non litighiamo quasi mai, siamo amici e andiamo d’accordo. Dobbiamo confessare che la vita è proprio bella”. E per cinque teen ager che si erano presentati due anni fa a X Factor inglese da solisti, messi assieme dal produttore Simon Cowell, andare così d’accordo non è poco. Ci vuole molto “focus” per restare uniti nel momento di picco del delirio che li circonda. Poi le competenze artistiche sono un’altra storia. “Il nostro grande sogno è sperare di riuscire a imparare a suonare uno strumento – confessano nello stupore generale – e anche per il paragone con i Take That ci sentiamo diversi. Loro si sono preparati a lungo prima di esplodere, sapevano ballare noi no. È assolutamente vero che siamo stati fortunati”. Il leader, almeno secondo i tabloid inglesi, Harry, però ha un sussulto e si sveglia dal torpore da hangover da post halloween e azzarda un’orgogliosa autodifesa: “Detto questo non conosco altre persone così impegnate nel lavoro come i miei compagni di band. Sono sempre pronti a viaggiare, a star lontano dalla famiglia”.
La conferenza blindatissima avviene in un clima surreale: fuori migliaia di ragazzine urlanti, dentro giornalisti annoiati e anche un po’ cinicamente abituati a essere testimoni dell’ennesimo fenomeno teen. Sulla musica, che è il reale motivo per cui si è scatenato tutto questo anche in Italia, poco da dire. Take Me Home esce il 13 novembre, è un disco più autobiografico del precedente anche se, dicono i protagonisti con piglio manageriale, “non lo volevamo rendere troppo diverso altrimenti il pubblico non ci segue più”. Si sono cimentati a due e poi a cinque nella scrittura di 5 nuovi pezzi, sempre aiutati dalla rivelazione inglese Ed Sheeran, che è un cantante anche solista apprezzato molto in patria. E quando non scrivono loro, candidamente ammettono che “nella stanza affianco ci sono i nostri produttori che prendono ispirazione dalle storie da raccontare dai giornali o dalle esperienze che noi gli raccontiamo”. Almeno sono onesti nella loro ingenua proposta pop, questi One Direction. “Vogliamo fare un duetto con Katy Perry, ma capiamo che siamo ancora lontani da quel traguardo”. Come? Con il delirio che li circonda non si sentono ancora arrivati? “Non ci sentiamo assolutamente realizzati e vogliamo imparare ancora molte cose”. Tour a maggio in Italia all’Arena di Verona (18) e al MediolanumForum di Assago-Milano (20).
CHRISTIAN D’ANTONIO