La determinazione e il glamour della stella nera del nuovo rap americano ha convinto la folla transgenerazionale dell’Estathé Market Sound di Milano. Un misterioso buio di notizie aveva avvolto la calata della superstar Usa in Italia e c’era più di qualche dubbio che tra provocazioni e mascheramenti da Mtv, il tutto fosse un bluff. Invece Nicki Minaj ha portato in Italia (alla sua seconda apparizione in una carriera di 5 anni) uno spettacolo divertente, sudato, provocatorio quanto basta e soprattutto in linea con le aspettative del suo colorato pubblico.
Anche da noi si sono visti artisti in tribuna che tentano di “studiarla” (Marco Mengoni e Rocco Hunt su tutti), ragazzine in preda a svenimenti, famiglie incuriosite, manager in libera uscita, gay libertini in cerca del lato oscuro che Madonna non foraggia più. Proprio a Madonna vola il pensiero quando la star attacca Anaconda (“solo per voi italiani che siete così romantici”, dice ironicamente) perché i balletti e le movenze rimandano a una versione basic del Blonde Ambition. Minaj è in parte la responsabile della resurrezione di Rebel Heart, il disco di miss Ciccone che contiene la hit del momento Bitch, I’m Madonna, dove Nicki ha un cameo. Qui invece è tutto condito in salsa black, con un’estetica inedita che fa delle rotondità di Nicki il vero aspetto goliardico che a furor di popolo viene esaltato dall’eccitazione incontenibile delle prime file. È la Madonna nera in tutti i sensi questa Minaj, che parte dall’r’n’b e approda a David Guetta (Where Them Girls At) tentando di costruirsi un percorso se non credibile, coerente. Pezzi forti, almeno coreograficamente visto che l’impianto scenico è stato necessariamente ridotto al minimo come succede nelle date dei festival, Only, Super Bass e la conclusiva Starships, il suo inno dance travolgente. Un’ora di musica, tanta attitude, e pure una captatio benevolentiae: “Non posso finire senza trattenermi dal dire che non vi dimenticherò mai. Italia, mi amor”.