La passione che Mondo Marcio, al secolo Gian Marco Marcello, mette nei suoi dischi è indiscutibile. Il nuovo La Freschezza del Marcio sembra uscito direttamente da uno di quegli studi all’avanguardia underground americani, dove tra gli 80 e i 90 si faceva il rap con i doverosi attributi. “Se si sente è perché l’abbiamo registrato in giro per il mondo, per trovare stimoli, per essere lontani dalle mani legate che ti mette la situazione italiana”. Ti sta stretto il tuo Paese, chiediamo senza sorpresa…”Sì, è troppo legato alla tradizione e nelle novità c’è troppa omologazione”.
Chiariamo subito che Mondo Marcio tra gli italiani salva poche cose, tra cui quelli che hanno duettato con lui in questo album. “Non andavo alla ricerca del featuring famoso, ma della professionalità.
Ho chiamato J.Ax in Mr Fucker, Fabri Fibra in Scoppia la bomba, che si chiama così perché dopo dieci anni di parlate, ci siamo finalmente trovati assieme”. E poi Ghemon, Fidia Costantino, Bassi Maestro (“lui per me è la Old school”). E anche Clementino che, con il passaggio a Sanremo è passato al mainstream. O sbaglio? “Puoi fare Sanremo o un talent e rimanere credibile, non è il contesto che ti definisce. Sono contento che Clemente e Rocco siano andati quest’anno, anzi, la musica italiana è molto rap in questo momento ed essendo quello il festival della canzone italiana ce ne volevano di più come loro”. Non smentisce di essere stato contattato per un talent show “Ma un artista deve andarci quando è il momento giusto per la sua carriera”. Ora però si concentra sul disco, che è molto coraggioso e abbraccia gli stili che l’hanno influenzato: “Non mi ero spinto mai all’emersione delle influenze come in questo album. Anzi, volevo dire che Mina che era presente in “Nella Bocca della Tigre” non è una mia passione recente, tutt’altro. Però non credo si sia sentito abbastanza da dove vengo. Quindi chiamare musicisti veri per farli suonare in un disco hip hop mi ha aiutato a tirar fuori tutto il soul, il jazz che avevo. Anche il rock. Andavo a pogare dai Green Day”. Appassionato e mai stufo, c’è da dire, di rispolverare la spocchia tipica dei rapper di successo. “L’arroganza nelle canzoni per me è un modo di dire al ragazzo nella provincia italiana che se ce l’ho fatta io, senza raccomandazioni, ce la può fare pure lui. Bisogna puntare a essere i numeri uno, no? Anche tu nel tuo lavoro vuoi esserlo”. Ne faremo tesoro.