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MIGUEL BOSE’, PAPITWO COME UN VIAGGIO GIOIOSO IN TEMPI DI CRISI

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DiChristian D'antonio

Ott 20, 2012

È subito balzato nella top 3 italiana il nuovo capitolo discografico di Miguel Bosé, Papitwo, una raccolta di 14 duetti che rileggono il passato dell’artista. Come il primo capitolo Papito (2 milioni nel mondo e 250mila copie in Italia), il progetto ci restituisce l’idolo di varie generazioni come il suo pubblico ama ricordarlo: spensierato, giocoso e intriso di charme latino. Un parziale “riposizionamento” dopo l’esperienza di Cardio, il disco di due anni fa, molto elettronico e oscuro, che non ebbe nemmeno un tour in Italia. “Non mi piace l’idea di stravolgere i pezzi del mio repertorio in chiave moderna come qualcuno fa e mi suggerisce di fare – ha detto il cantante presentando il lavoro alla stampa italiana – so che non funziona così. Le canzoni del passato ovviamente le rifaccio con le sonorità attuali perché la tecnologia mi aiuta ma non voglio generare l’effetto sorpresa. Ci sarà un motivo perché ancora oggi ho le vendite alte anche per i dischi fisici. Il mio pubblico è affezionato al mio modo di vedere la musica anche quella di 30 anni fa”.

Ha ragione Bosé. Non tradire le aspettative non è solo un play it safe da sicuro successo. È anche sintomo di grande coerenza.

 

Non hai voglia di allargare il tuo pubblico dopo oltre 30 anni di carriera?

Ho appena fatto degli show in Spagna e ci sono persone di tutti i tipi che mi seguono. Ovviamente il grosso sono le mamme di oggi, 30/40enni, mi hanno seguito dal vinile alla cassetta. Quando è arrivato il cd e poi l’mp3 hanno detto basta, quindi restano legati al feticcio cd. Non c’è ragione di conquistare una tribù che non ti conosce anche se ci provi non è sincero e si capisce. Come per le donne, ci sono 70 modi di fare belle le canzoni, ma solo 2 o 3 riescono.

Impari dagli errori altrui?

Non solo in musica. L’altro giorno sfogliavo un giornale di moda e ho notato una ragazza, era Kate Moss. Ecco in quelle pose hanno sbagliato tutto, la volevano cambiare e l’hanno resa irriconoscibile. Non voglio che questo accada alla mia musica.

Pensi che sia giusto lanciare messaggi sociali con le canzoni?

Specie nel periodo che stiamo vivendo il fatto di ritrovarsi dal vivo con il tuo pubblico è di per sé un messaggio. Voglio che la gente si distragga e si diverta quando viene a vedermi. È una cavalcata nel passato che regala gioia che ti fa evadere. Poi mi impegno nella vita di tutti i giorni. Sono andato a conoscere i ragazzi che lottavano in piazza a Madrid contro il sistema. Mi sono sembrati molto arrabbiati ma anche molto romantici. È ora di uscire allo scoperto e cambiarlo, questo sistema.

Come lo faresti tu?

Cambiandolo da dentro. Non si può dire abbasso i governi e abbasso le banche. Bisogna entrare nei meccanismi e cerca di cambiare, il cittadino deve riappropriarsi dello stato e deve resettare quello che c’è ora. Perché è giusto, lo stato siamo noi.

Vedi delle analogie tra Italia e Spagna?

Dobbiamo essere attivi e attivisti, il potere è stato dato ai politici non solo come come intenzione di delega ma come meccanismo per esercitare la nostra volontà. Posso parlare per la Spagna: da quando c’è il partito popolare siamo tornati indietro di 30 anni.

Ti senti più coinvolto dalle vicende sociali perché da poco sei papà?

Mi ha sempre interessato. L’unica differenza è che ora ho cancellato tutti gli impegni notturni. Ci sono due persone che mi aspettano a casa ed è una gioia, ma anche una gran fatica. Poi anche i tour saranno fatti su misura per questa nuova situazione. Prima quando dovevo viaggiare, con poco preavviso mettevo due scarpe in borsa e andavo. Ora è tutto più complicato.

Come trasporterai i duetti dal vivo?

Sono stato a vedere i Coldplay quando hanno suonato dal vivo per Youtube in Spagna, mi piace guardare la tecnologia a che punto è per poi prendere ispirazione. Mi sono accorto che non hanno utilizzato al massimo tutto quello che lo spazio gli offriva. Voglio che il mio show sia una festa che rifletta lo stile del disco. Per Cardio è stato un tour molto minimalista, con sculture, bianco e nero, sembrava un palco museo. Qui ci sarà allegria un megaschermo con illustrazioni da videogame. Se chiedi alle persone di organizzarsi per andare a vedere uno show, con tutto quello che comporta, il parcheggio, i soldi, la baby sitter, devi offrire qualcosa di memorabile. È tempo per noi artisti di essere generosi.

Nel disco c’è un duetto con Penelope Cruz su Decirnos Adiòs.

Ci conosciamo da 24 anni, lei era la fidanzata di un mio amico che suonava nei Mecano. Ci eravamo già accordati per duettare sul primo Papito ma poi non se ne fece niente. Poi avevo fissato la prima registrazione di questo disco a gennaio e poche settimane prima non avevamo ancora deciso cosa fare con Penelope. Nessuna canzone mi sembrava adatta a lei. Poi si è presentata la possibilità di ripescare un pezzo che aveva scritto Edoardo, suo fratello e l’abbiamo fatto ed è diventato un inedito dell’album. Abbiamo anche già registrato il video. Lei è bellissima.

Su Amiga c’è invece Tiziano Ferro.

È un pezzo che mi ha reso celebre nel 1977 e lo volevo fare con qualcuno che potesse essere vicino al tema. Penso che Tiziano, che ho conosciuto quando viveva in Messico, sia la persona più adatta.

Sei percepito quasi come un artista anche italiano. Che ricordi hai dell’Italia?

Ricordo sempre il mio incontro con il produttore Roberto Colombo (marito di Antonella Ruggero – ndr) che con Bandido mi ha aperto le porte della sperimentazione. Se non avessi fatto quel disco nel 1984 non sarei andato avanti, perché proprio nel momento di maggior successo commerciale avevo voglia di cambiare ma non avevo il coraggio di stravolgere la mia immagine. Lui è stato determinante per me, mi ha insegnato a tradurre in musica me stesso. Quel periodo in Italia è stato come ricominciare per me, è cambiato tutto.

Stai già pensando a un futuro disco di duetti? Ci sono tanti successi tagliati fuori.

Sì, specie canzoni del periodo degli anni 80 di maggior popolarità in Italia. Ci penso sempre a farne un altro. Vorrei Franco Battiato, con cui ho già provato ma non abbiamo trovato una forma per avvicinare le nostre frontiere. Poi vorrei Mina, Celentano, ma è un sogno. Il fatto è che per riuscire a fare un prodotto buono bisogna essere amici. In tutti questi anni mi è capitato a volte di lavorare con persone tramite conoscenze, ci siamo visti, piacere, tre quarti d’ora assieme e poi via. Il segreto è nell’amicizia che lega i cantanti. Ho appena fatto una cosa con Tony Bennett che uscirà su un suo disco, non avrei mai pensato di essere accostato allo swing.
CHRISTIAN D’ANTONIO

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Christian D'antonio

Christian D'Antonio (Salerno, 1974) osserva, scrive e fotografa dal 2000. Laureato in Scienze Politiche, è giornalista professionista dal 2004. Redattore di RioCarnival. Attualmente lavora nella redazione di JobMilano e collabora con Freequency.it Ha lavorato per Panorama Economy, Grazia e Tu (Mondadori), Metro (freepress) e Classix (Coniglio Ed.)