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MASSIMO RANIERI ALLE RADICI JAZZ DELLA MUSICA NAPOLETANA

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DiChristian D'antonio

Ott 8, 2015
Massimo_Ranieri_malia
foto: www.massimoranieri.it

C’è stato un tempo a Napoli in cui il jazz e il sapore USA della musica contemporanea si è fuso con il tradizionale canto partenopeo. In quel decennio (1950-1960) è andato a indagare Massimo Ranieri, uno degli ultimi grandi performer italiani, con l’aiuto del produttore Mauro Pagani, con il disco che esce questa settimana Malia. Pagani e Ranieri hanno ingaggiato Stefano DI Battista al sax, Enrico Rava alla tromba, Riccardo Fioravanti al contrabbasso e Rita Marcotulli al pianoforte. Hanno voluto anche un batterista, Stefano Bagnoli, “perché la grande tradizione di percussioni a Napoli è nata proprio dall’incontro dei maestri che suonavano sulle navi da guerra che erano ancorate davanti al porto”.

Un esperimento rischioso, quello di mettere assieme dodici gioielli della tradizione napoletana ma che con l’aiuto di musicisti jazz ha trovato una sua coesione coerente, diciamo. “Io non mi dimentico i night – dice l’emozionato Ranieri nello studio del maestro Pagani, dal quale son passati fior fiore di artisti per rifarsi il vestito musicale – e proprio all’angolo tra via Medina e piazza Municipio, nel 1964 ho debuttato con un pezzo di West Side Story. Non sapevo bene l’inglese e quel club, EM Club era frequentato solo da militari americani”. Quell’atmosfera da night l’ha bene in mente pure Pagani: “Quando si facevano serate nei night non si poteva sbracare, perché non esisteva musica diffusa e quindi tutta la musica del locale era suonata. Vuol dire 5 o 6 ore di canto e voce e non si poteva assolutamente gridare. Quell’atmosfera l’abbiamo trasportata sul disco”.

Malia è un cd insostituibile, incredibilmente raffinato e composto “a sottrazione”. Nel senso che il recupero di canzoni storiche come Doce Doce, Luna Caprese, Resta Cu’ Mme è avvenuto nobilitando l’ispirazione melodica e il grande afflato che dalla napoletanità sconfina nella sapienza stilistica. In realtà il tentativo di restituire alla canzone di spessore i classici napoletani va avanti dal 2001, da quando è iniziata la serie di dischi su Napoli che presto sarà racchiusa in un cofanetto. “Quanto jazz c’è già in queste canzoni e non lo sapevamo”, dicono i due protagonisti del lavoro (ma in copertina sono democraticamente menzionati tutti e 5 i musicisti che ci suonano). Dicono di averlo fatto in breve: “La stesura è durata molto, ma la registrazione pochi giorni, in un primo tempo 9 pezzi tutti in una volta. E quando si suona con strumentisti di questo calibro, è buona la prima”. Insomma, il merito del duo Ranieri-Pagani è quello di accostarsi alla tradizione con rispetto e…sottovoce, ancora una volta.

Christian D’Antonio
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Christian D'antonio

Christian D'Antonio (Salerno, 1974) osserva, scrive e fotografa dal 2000. Laureato in Scienze Politiche, è giornalista professionista dal 2004. Redattore di RioCarnival. Attualmente lavora nella redazione di JobMilano e collabora con Freequency.it Ha lavorato per Panorama Economy, Grazia e Tu (Mondadori), Metro (freepress) e Classix (Coniglio Ed.)