Ha tutta l’aria dell’artista riscattato Mark Ronson, che a un passo dai 40 anni, un posto nella storia della musica pop già ce l’ha. Esploso nella scorsa decade come produttore di Amy Winehouse, il dj e musicista anglo-americano ha fatto una carriera incredibile, lavorando con Kaiser Chiefs, Duran Duran e Nile Rodgers, giusto per citarne alcuni. Oggi è all’apice con un numero uno da mesi (Uptwon Funk) e un album, Uptown Special che lo ha fatto diventare un white funk artist ammirato da tutti. Lo abbiamo incontrato a Milano per il lancio italiano del disco.
Come hai composto questo disco?
Ho pensato che se c’era qualcuno che si potesse interessare a un disco di Mark Ronson nel 2015, doveva essere sorpreso dalla sua bellezza. Doveva essere per forza la cosa migliore che potessi fare. Così ho chiesto a Micharl Chabon di scrivere dei testi, lui è abituato a scrivere libri, quindi immaginavo che mi rispondesse via email con un plot o un discorso generale. Invece ha iniziato a mandarmi vere canzoni. Allora ho capito che stava nascendo qualcosa di particolare.
Mentre registravi il tuo disco eri anche a lavoro sull’album dei Duran Duran con Nile Rodgers. Che influenza ha avuto su di te?
Credo che Nile sia stato l’artista che ho suonato di più nei dj set da 20 anni. È stato uno straordinario musicista, lo conosco da quando avevo sei anni perché era amico dei miei. Non è mai stata un’influenza conscia, ma tutti facciamo la musica che ci piace…e quando penso che i migliori dischi degli anni 80 per me sono quelli di Bowie, Madonna, Duran Duran, Inxs fatti da lui, allora ho la risposta. Quando ho fatto sentire il singolo al mio chitarrista di fiducia, che è quello che ha suonato su Back To Black e sempre nei miei dischi, mi ha fatto il miglior complimento possibile: “Hai chiamato Nile su questa canzone?”. Invece ero io che suonavo la chitarra.
Perché da produttore non fai mai due dischi di seguito con lo stesso artista?
Beh, con Bruno Mars abbiamo collaborato già in passato e vorrei rifarlo anche in futuro, c’è un’alchimia vincente. Con Amy sono stato purtroppo impossibilitato dagli eventi. Con i Duran finirò il loro disco questa settimana. Per gli altri non so, è solo che io collaboro con gente che vuole sempre evolversi, quindi non mi offendo se non vogliono tornare con me dopo la prima esperienza.
Sei nato in una casa in cui si respirava musica, ti ha aiutato?
Il mio patrigno era un musicista e mio padre era un fan della musica funk, quindi si è sempre respirato questo genere. Ma da ragazzo alla fine scegli sempre la musica che ti piace in maniera indipendente, io mi vestivo come i Beastie Boys. È stato solo quando ho scoperto le grandi voci della musica black che mi sono iniziato a interessare al look, ai completi eleganti, al modo di presentare la musica visivamente. Musica e look sono sempre stati molto legati tra loro.
Come nasce un tuo pezzo di successo?
La canzone detta poi chi eventualmente ci suona dentro. Se penso ai pezzi di questo disco, con Stevie Wonder, Andrew Wyatt e Kevin Parker, sono partite da una melodia o da un testo e poi sono arrivato a chiamare questi artisti straordinari. Alla base ci deve essere una buona sensazione sulla canzone.
Hai trovato finalmente il tuo genere con Uptown Special?
A essere sincero mi era piaciuto produrre guitar band come i Kaiser Chief ma se ci ripenso ora, forse capisco che non era il mio terreno migliore. Quindi questo disco funk e soul mi ha fatto capire che reputo il mio lato migliore. Se dovevo lasciare il segno con un disco, dovevo farlo con quello che mi riesce di più.