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IRENE GRANDI E STEFANO BOLLANI, PROVE APERTE DI GENIO E SREGOLATEZZA

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DiChristian D'antonio

Ott 25, 2012
foto: Christian D’Antonio

 

Lui è alla soglia dei 40 con un curriculum da invidia per ogni pianista moderno, avendo prestato il suo genio a Baglioni, Metheny, Paolo Fresu ed esibendosi perfino all’Onu. Lei è la quintessenza del cantautorato toscano da nuovo millennio, sempre ai confini tra rock e pop e alla scoperta di nuovi autori con cui collaborare. In comune finora, Stefano Bollani e Irene Grandi avevano soltanto una passione per la televisione, visto che l’hanno fatta (e bene) entrambi.

Chi li segue da parecchio però sa che i due si scambiano duetti nei concerti, si conoscono da una vita, e hanno una post-adolescenza comune. «A Firenze – spiega Bollani – militavamo nella stessa band, La Forma. Non abbiamo inciso niente più che un demo e ancora oggi sono stupito di quanto i fans di Irene siano a lei devoti: non l’hanno mai messo in rete».

Da qui al disco assieme il passo sembrerebbe breve. Invece per avvicinare due amici che si sono fatti strada in due mondi diversi ci sono voluti 10 anni. La Grandi racconta: «Sembrava che due anni fa ce l’avessimo fatta a ritrovarci assieme per fare qualcosa ma poi niente. Fino a che ci siamo chiusi da soli in uno studio lo scorso gennaio, per 10 giorni, senza dirlo a nessuno, non volevamo che il disco fosse partorito con pressioni, addirittura non sapevamo se l’operazione sarebbe stata valida o meno».

Ma perché proprio ora? E soprattutto perché un disco più jazz che pop? «Mi piacerebbe tornare alla forma canzone – dice la cantante – ma da adesso in poi sarà più selettiva nella scelta dei brani. Questo mi sembrava un momento giusto per la mia carriera per fare qualcosa di diverso, che potesse dare un respiro più ampio alla mia voce e per far vedere al pubblico che sono anche altro. Spesso gli artisti italiani si fossilizzano, io credo di non aver mai fatto cose spudoratamente mainstream e di essermi sempre aperta al rischio». Bollani si permette di prendere in giro l’amica: «Mi faceva sempre ascoltare i singoli in anteprima e io le dicevo che non erano alla sua altezza. Anche con Bruci La Città, io e Pippo Baudo la sconsigliammo. Evidentemente il pubblico le ha dato ragione. Ma ho sempre pensato che la sua potenzialità vocale avesse bisogno di altro. Per questo nel disco abbiamo messo cover di pezzi brasiliani e standard di blues che ci piacevano».

Il singolo Costruire originariamente di Niccolò Fabi non è rappresentativo di tutto il lavoro che arriva nei negozi questo mese. Una scelta coraggiosa e inusuale che però apre la strada a un repertorio ricercato e stilisticamente adatto alla versione acustica che il duo porterà in giro nelle date programmate (verifica la città su: http://www.viagogo.it/Biglietti-Concerti/Jazz-e-Blues/Stefano-Bollani-Biglietti/E-494632). Nel disco c’è infatti Olhos Nos Olhios con un finale “riscritto” in italiano dai due, Dream a Little Dream of Me, Come Non Mi Hai Visto Mai, scritto da Cristina Donà e Saverio Lanza, dove Bollani suona anche il Fender Rhodes. Un misto di genio e sregolatezza attraversa tutte le 11 tracce, dal sicuro effetto spiazzamento, che è poi il sale di queste operazioni. Intrigante la No Surprises dei Radiohead che ha soppiantato nella tracklist all’ultimo momento una scelta beatlesiana forse troppo scontata. «Avevamo fatto una lista di brani che ci piaceva reinterpretare già anni fa – svela il pianista – ma poi quando ci siamo decisi a registrarli, alcune cose non erano proprio nelle nostre corde. Gli puoi dare anche 3 ore di prova, ma se una canzone non esce bene è inutile insistere. Meglio virare su altre composizioni che emergevano più naturalmente».
CHRISTIAN D’ANTONIO

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Christian D'antonio

Christian D'Antonio (Salerno, 1974) osserva, scrive e fotografa dal 2000. Laureato in Scienze Politiche, è giornalista professionista dal 2004. Redattore di RioCarnival. Attualmente lavora nella redazione di JobMilano e collabora con Freequency.it Ha lavorato per Panorama Economy, Grazia e Tu (Mondadori), Metro (freepress) e Classix (Coniglio Ed.)