A cinquant’anni Matteo Zenatti questa ondata di popolarità non se l’aspettava proprio. Chiamato al mattino del concerto dei Duran Duran all’Arena di Verona, gli viene proposto un ruolo insolito. Salire a sorpresa davanti a 12mila fans per fare un omaggio canoro a Nick Rhodes, tastierista e co-fondatore della mitica band di Birmingham. Il tenore veronese aveva fino a qualche giorno fa, cantanto nel tempio della lirica solo come membro di un coro. Da protagonista, c’è tornato al concerto rock dell’anno.
La storia ha dell’incredibile. Come l’avrà presa lui abituato a suonare nelle chiese musiche antiche? E come l’hanno presa i leggendari pop idol inglesi? Non potevamo farci sfuggire l’occasione di parlare direttamente con Matteo.
Prima di tutto che rapporto c’era tra te e i Duran Duran prima dell’8 giugno 2016?
Sono rimasto ovviamente coinvolto dalla loro musica all’epoca dei gradi successi, anche se poi sfottevo mia cugina che ascoltava solo loro mentre io ero più sui Genesis e Pink Floyd. Poi quando sono tornati li ho sentiti e mi sono sorpreso di quanto avessero mantenuto intatto quel loro gusto. Si capisce che hanno un bagaglio culturale di tutto rispetto, lo capisco da come canta Simon, da come suonano gli arrangiamenti anche oggi.
Per questa occasione chi ti ha chiamato?
Una cosa velocissima. Lavoro con una coopertativa che ha un parco musicisti di cui cura l’amministrazione, mi hanno chiamato al mattino: “Stasera c’è un concerto dei Duran Duran e Simon Le Bon cerca un tenore per fare una sorpresa a Nick Rhodes”. Questo è uno scherzo, mi sono detto, non potevo crederci. Nella rosa di artisti in catalogo la scelta è caduta su di me, forse perché ho una formazione classica ma anche oltre. Siccome mi occupo anche altri tipi di musica, leggera, antica, insegno canto…Di mio faccio musica rinascimentale e medievale ma sono versatile, spesso faccio cose molto diverse, il che mi ha consentito di avere una duttilità per affrontare anche una platea così. Ti immagini, un tenore lirico col frac in un concerto rock, sicuramente la scena non mi ha gettato nel panico ma ero molto ansioso. E poi secondo me i Duran Duran avevano bisogno di qualcuno che potesse giocare un po’ la parte, non era una cosa seriosa.
Li hai ascoltati in arena quando sono venuti le altre due volte?
No guarda, facendo anche io il musicista sono sempre in giro, frequento poco i concerti rock, l’ultimo che ho visto è stato a Bologna Peter Gabriel. All’arena ho visto solo i Massive Attack prima di loro. E devo dire che è un’acustica che si presta molto anche alla musica moderna, altro che palasport. Infatti l’altra sera mi sono goduto il concerto dei Duran, sono rimasto colpito dall’energia di una band di non più giovanissimi. E dalla loro generosità.
Li definisci generosi perché?
Perché mi hanno accolto sul palco e detto il mio nome, stringendomi la mano, presentandomi come se fossi una star, anche se io fuori dal mio campo non sono famoso. Si tratta di quel rispetto tra performer che non sempre c’è, quella generosità e stima che Simon Le Bon mi ha dimostrato soprattutto presentandomi al suo pubblico e facendomi prendere gli applausi. Non sono cose scontate, sarei potuto andar via di colpo dopo aver cantato “Happy Birthday Mr Rhodes”. E poi ho visto generosità anche in Simon quando non si risparmiava, camminava sulla pedana prendendo la pioggia come il suo pubblico. Bellissimo rapporto tra band e audience.
Cosa hai fatto durante il concerto?
Io non potevo vederli, perché era una sorpresa, quindi non li ho incontrati prima. Ho conosciuto di persona i Duran Duran sul palco dell’Arena di Verona, se ci penso ancora mi fa strano. Ero chiuso in un camerino, vestito col mio frac, mentre loro cantavano Wild Boys e io non potevo muovermi. Ovviamente nel retropalco ci sono misure di sicurezza eccezionali per delle star come loro. Per me sono delle celebrità leggendarie, dei musicisti che ho conosciuto sempre attraverso la musica diffusa, già sentirli dal vivo è stato emozionante. Poi ho chiesto almeno per Space Oddity e i brani successivi di vedere un po’ di concerto frontalmente, è stato emozionante.
Sei abituato comunque ad altri contesti?
I mondi musicali restano in ogni caso divisi ne sono conscio. Ho fatto esibizioni nelle chiese con la mia arpa davanti a 150 persone, ovviamente è diverso. Devi saper reggere la cosa, ci vuole sangue freddo e dopo pensandoci ho detto: poteva andare peggio. Poi i commenti dei miei colleghi mi hanno fatto capire l’eccezionalità del momento. Molti mi dicono: anni e anni a studiare musica antica e poi per due minuti con i Duran Duran la visibilità enorme, gente che mi segue sui social network, interviste come questa. Il fatto è che io non sono nemmeno un famoso lirico, sono tenore di musica antica, credo di essere più conosciuto all’estero che nell’ambito del circuito veronese e italiano.
Avrai dei progetti immagino, dopo questa grande esposizione?
Continuo a fare quello che mi piace. Ho finito un ciclo di lezioni di canto sul mio canale YouTube. Il mio sito è www.matteozenatti.net e a luglio registrerò come indipendente Le Canzoni dei Trovatori del 1200. Sono canzoni con strofa ritornello in provenzale, la lingua degli artisti dell’epoca, un po’ come l’inglese oggi. Suono una piccola arpa romanica non amplificata, è un lavoro di ricerca e ricostruzione perché tutto quello che abbiamo dell’epoca sono pochi fogli con appunti.
Christian D’Antonio