A 4 anni dall’ultimo album di inediti (Terraferma era del 2011) Max Pezzali è arrivato a un altro giro di boa della sua ventennale carriera. Il rock indipendente italiano gli ha tributato omaggi inaspettati (Con Due Deca, 2012), ha rivisitato i primi 883 con una compilation di vecchi brani con Mauro Repetto, ex partner nel duo che fondò negli anni 90, e ha pubblicato anche una raccolta, Max 20 con il mega-hit L’Universo Tranne Noi.
Oggi con Astronave Max parla dei figli (Niente di Grave), cita i suoi miti (Come Bonnie e Clyde) e ritorna con ironia brevemente sul passato (Fallo Tu). Abbastanza per farci spiegare in che luogo si trova a 47 anni una delle rockstar più amate d’Italia.
Che cos’è questa Astronave?
Pensavo alla madre, all’epicentro degli incontri, all’osservazione della nostra società che per essere vista bene a volte necessita di un allontanamento. A distanza la realtà è relativa, la grandezza di tutto si mette in prospettiva. Il racconto che faccio della realtà è simile a quello che vedevo prima ma ha una prospettiva diversa.
Sei stato un celebratissimo cantautore della provincia, come te nessuno ha descritto alcuni aspetti della nostra vita negli anni 90. Ti pesa?
Ne sono consapevole. L’idea di comunità che c’era in provincia era molto diversa. Vivevo a 30 km da Milano, a Pavia, ma quando si sbarcava in città subito ci si riconosceva. Il chiodo che vendevano in provincia te lo dovevi far andare bene, anche se di taglia più larga perché non c’era molta scelta. Oggi i social network hanno abbattuto tutte queste distanze, non c’è bisogno più di immaginare, tutti possono essere al centro, il crearsi un’identità è più facile, non c’è bisogno di trovare persone simili a te che vivano vicino a te.
Cosa emerge da questi nuovi brani, o meglio, cosa vorresti emergesse?
L’ho prodotto con Claudio Cecchetto e Pierpa Peroni con Davide Ferrario che ha lavorato con Battiato, Nannini, Pelù. Ho chiamato al basso Luca Serpenti e alla batteria Sergio Carnevale, due personaggi che vengono da mondi diversi ma che mi aiutano a conservare la contemporaneità del suono che per me è sempre importante. I Serpenti sono electro, Carnevale nei Bluvertigo è la storia del rock italiano recente. Secondo me il disco sottolinea una diversità nel considerare il tempo e la vita, fino ai 35 anni dopo le batoste si pensa sempre “non mi rialzo più”. Invece poi col tempo si capisce che è matematico ricominciare, l’unico problema è magari l’autocompiacimento del compatirsi, una cosa che mi è capitata. Ho nostalgia di qualsiasi cosa, anche oggi.
Sei un uomo diverso, immagino.
C’è sempre una parte cinica e una parte poetica dentro me e più vado avanti più la cinica prende il sopravvento. Fa ridere, ti puoi permettere dei comportamenti che poi ti fanno pensare che esistono dei modi per alleviare i problemi.
Stai per partire in tour (dal 25 settembre), come vorresti fosse il tuo concerto?
Non voglio tediare gli ascoltatori con troppe canzoni nuove, ora vediamo in questi mesi come vengono accolte e decideremo quali 5 pezzi del nuovo disco mettere in scaletta. Vorrei che fosse una celebrazione collettiva, quindi molto del passato lo ripasso. Voglio la stessa emozione che provo quando vado a vedere Vasco, Nek o Cremonini, che hanno tutti un repertorio davvero bello.