Non tutti i filoni sono omogenei e ripetitivi, soprattutto quelli musicali. Per il rap, che da un paio d’anni sta avendo un gran rispolvero da noi in Italia, è questa una verità confermata anche dall’emersione di talenti come Razza Krasta che di mood da incavolato street style hanno poco a che fare. Basta ascoltare la ballad Se Mai Mi Penserai (Se mai mi penserai – Razza Krasta (HD) una vera composizione pop con venature urban che è il suo secondo singolo ufficiale da solista. Razz Krasta proviene da Agrigento, vive a Milano e ha avuto già esperienze importanti nel mondo musicale italiano. Lo abbiamo incontrato per farci spiegare la sua evoluzione nella settimana in cui esce il suo primo album, Afterap.
Come mai questo titolo?
Mi piace la contaminazione di genere e non sono fermo alla purezza dell’hip hop, che è comunque l’ambiente che mi ha visto nascere. Per questo ho inventato questa parola che non vuole essere supponente, non voglio essere quello che dice dove andrà a finire il filone del rap italiano, ma è soltanto un’indicazione di quello che trovi nel disco.
Come nasce una tua canzone?
Adesso che vivo a Milano e ho un lavoro nell’ambito della comunicazione, trascorro tutto il tempo che ho al di fuori degli impegni nel mio piccolo home studio. Suono il piano, ho studiato molto e per questo si sentono delle influenze melodiche nei miei pezzi. Ma l’album ha molte sfaccettature.
Come nasci, qual è l’ambiente in cui ti sei mosso?
Erano gli anni degli Articolo 31 che però se eri un vero fanatico del rap non ascoltavi altrimenti eri troppo “venduto”, si ascoltava Bassi Maestro, Kaos One, il primo disco degli italiani che ho comprato era il gruppo de Er Piotta, Colle del Fomento di Roma. Ricordo anche il disco degli OTR che avevano al loro interno La Pina con altre ragazze, sembravano robe innovative per i tempi.
Erano gli anni in cui eri in Sicilia?
Giù in Sicilia c’era un movimento ma era più che altro un fenomeno di moda, ho iniziato quando tutti erano coi cappellini poi dopo essermi trasferito a Perugia all’università, son tornato un Natale e tutti si erano rasati i capelli e diventati punk.
Come facevi a lavorare nella musica all’epoca?
È stato difficile. C’erano sale prove proibitive, Internet non era decollato, preferivo non cimentarmi lì, ho studiato Comunicazione all’università e aspettato tempi migliori. Un’etichetta di Ancona mi ha notato e da lì ho iniziato a far musica professionalmente.
Afterap cosa rappresenta per la tua carriera?
È il mio primo disco da solista ma ho lavorato con vari artisti a vari demo che tengo ancora nella pagina facebook perché fa capire che ho un curriculum. Sono cose mai distribuite che in qualche hanno fatto la loro storia e incuriosiscono il mio pubblico.
Se ti definisco un rapper gentile come la prendi?
Sono conscio di essere lontano dal fracasso del filone imperante, ma mi piace lavorare sui testi con un piglio da rap. Poi io mi metto la giacca per lavoro e quindi sono così, ,e anche nel video si vede. Non ho problemi sull’estetica del rap, non sono ingabbiato.
Hai avuto una momento di incursione nel pop che ti ha fatto scoprire a molti, ce ne parli?
La convocazione di Paola e Chiara nel 2013 mi ha dato una grande carta da giocare. Avevano un disco, Giungla che con il singolo Divertiamoci è andato in classifica in molti paesi, forse con più successo che in Italia. non mi aspettavo che mi chiamassero anche per il mini tour. È stato molto bello e anche molto casuale, perché è stata Chiara a notarmi dopo avermi sentito in macchina da un amico. E ho collaborato volentieri con queste artiste. Tutta la storia ha avuto poi uno sbocco nell’EP Universo che è uscito un anno fa a nome di Chiara a cui ho collaborato a testi e arrangiamenti anche.
Christian D’Antonio