È uscito pochi giorni fa il nuovo album di Briga, Talento, un disco di 13 pezzi (più 4 bonus nell’edizione deluxe) che il cantautore romano, nato mediaticamente con la partecipazione ad Amici nel 2015, ha dato alle stampe per Sony Music Italy a due anni di distanza dal suo successo di platino, Neveragain. Un disco in cui Briga si accosta al cantautorato, con dei featuring di grande impatto, come quello con Gianluca Grignani e quello con Lorenzo Fragola. L’abbiamo incontrato per capire meglio la sua trasformazione.
Sei noto al pubblico, soprattutto televisivo, per aver sempre abbracciato l’istinto, l’impulso. Sono caratteristiche che conservi ancora oggi?
Sono nato per le sfide. Non c’è niente di più elegante che buttarsi nel buio vestito da sera, sapendo di farsi del male. Ho fatto sbagli, scelte azzardate, ma sono quelle che mi hanno fatto crescere. Lo so che quest’anno non c’è stato Canale 5 tutti i giorni a farmi da spot. Ma per me questo disco è un grande passo in avanti.
Cosa ti ha ispirato musicalmente?
Volevo portare un sound figo, come i Radiohead per dirti. Un giorno farò un disco tutto rock, perché io con Nirvana, Placebo e Oasis sono cresciuto. Per i testi invece i grandi poeti della canzone italiana sono sempre stati un mio riferimento.
Come riguardi oggi all’esperienza del talent show in tv?
Il pubblico dei talent è ballerino, ma ovviamente è un’esperienza che rifarei perché mi ha permesso di essere notato dai grandi, da Elisa, Venditti, Tiziano Ferro. Appena uscito hai 100mila occhi addosso, sei chiacchierato e sull’onda. Ma poi ti accordi che non è importante quanti fans hai ma quanti riesci a mantenere. Quelli che mi hanno scoperto a 12 anni sono cresciuti con me e non ho paura di fare scelte che possono sorprenderli. Devo trainare le persone verso le mie conclusioni artistiche.
Che tipo di approccio hai avuto per Talento?
In ogni canzone c’è un pensiero, bisogna saper fare pure i motivetti estivi. Anzi, le cose semplici sono le più difficili. Ascoltatevi il pezzo Bambi: inizia con chitarra da suoni acidi, poi entrano gli archi, è spiazzante. Volevo un disco in cui non ci fosse nulla di regalato.
Anche il packaging dell’edizione deluxe è molto curato, hai accluso un libro fotografico con molta enfasi sull’immagine, la grafica.
Sono stato abituato a rapporto diretto col prodotto che mi rappresenta. Metto bocca su tutto, mi interessano le grafiche, i font delle scritte, il tocco creativo in tutto. ovviamente mi affido a persone che fanno quel mestiere con professionalità, quelle che hanno il bagaglio culturale giusto per fare quello che fanno. Il disco così concepito arriva nei negozi e ha più chance di essere notato. E magari, se sono fortunato, vengo anche ascoltato.
Che valore dai alla musica, oggi?
Per me si è parlato più di gossip che di versatilità artistica, e questa la si scopre ascoltandomi. Ad Amici ho cantato in 4 lingue diverse, per esempio. Con me hanno suonato musicisti che sono stati al fianco dei big, come Ennio Morricone o Pino Daniele. Significherà che la mia musica merita, o no? Sono il primo a comprarmi i dischi di Cesare Cremonini o Antonello Venditti, perché so che mi sorprenderanno sempre. Ed è questo che vorrei che il pubblico pensasse di me.
Dicci quali sono i tuoi ascolti “appassionati”, quelli che ti accompagnano nelle giornate.
Ascolto samba, Buena Vista Social Club, Manu Chau. E poi i grandi della canzone italiana, Battisti, Grignani. Gianluca ha fatto un disco l’anno scorso con un pezzo straordinario, L’Amore Che Non Sai. E ora duetta con me in Nudo. Ricordo ancora quando nel mio walkman da ragazzino ascoltavo Destinazione Paradiso e La Fabbrica di Plastica. I miei coetanei erano rimasti allo Zecchino d’Oro.
Christian D’Antonio