Il segno dei tempi è anche questo: il presidente degli Stati Uniti che al party della sua famiglia non ingaggia più le divas di un tempo ma un dj. Barack Obama, e Michelle e tutti gli altri del clan dei potenti, sono pazzi di Dj Cassidy, uno dei dj produttori più quotati al mondo che si è fatto strada davvero da solo, frequentando i posti giusti a New York da quando era un ragazzino.
Ora è contesissimo. A Milano lo ha ingaggiato la Adidas per il lancio del modello di sneaker super cool ZX Flux. E lui lancia Paradise Royale, a fine ottobre nei negozi italiani, che è un disco a suo modo rivoluzionario: dance music del terzo millennio completamente suonato con strumenti veri.
La dj culture va in un senso, tu vai in un altro. Come mai?
L’esplosione della dj culture è una cosa che è diventata di massa negli ultimi 5 anni. E io sono parte della cultura pop da molto di più, perché ho sempre suonato i dischi che mi piacevano da molto tempo. Ora ci sono molte celebrità che diffondono questo modo di comunicare, e che la forza sia con loro! Non sono un elitario, mi fa piacere che ci sia diffusione. Ma per il mio disco mi volevo rifare ad altri tempi.
Un po’ come ha fatto Mark Ronson?
Beh, è interessante che tu faccia questo paragone, perché lui nel disco con Amy Winehouse ha reclutato proprio gli strumentisti giusti che si rifacevano a quel sound black che volevano raggiungere. Io invece per Paradise Royale mi sono andato a ripescare tutti i maghi della disco music e li ho fatti suonare dal vivo nei miei pezzi.
Come ci sei riuscito?
Mi sono fatto una lista delle 20 canzoni che più mi piacevano tra il 1978 e il 1982. E mi sono reso conto che quella è stata la golden age della disco music. Quello che è venuto dopo è tutta una derivazione di quell’epoca. E poi mi sono anche accorto che molti dei musicisti si scambiavano tra le formazioni e comparivano in tanti di quei dischi. Quindi li ho chiamati.
Chi sono questi miti?
Sono 22 in tutto. Nile Rodgers degli Chic e Philip Bailey, Verdine White e Larry Dunn degli Earth, Wind & Fire che suonano su “Calling All Hearts”. I Chromeo si ritrovano al fianco di Ray Parker Jr. e Jerry Hey, celebre arrangiatore di fiati e archi che aveva lavorato a Off the Wall e Thriller di Michael Jackson su “You Got Me Up”. Avere lui nel mio disco è stato un sogno.
Sei stato sempre seguace di questo filone?
In verità ho iniziato a seguire gli idoli hip hop. Poi mi sono accorto che i Run DMC e gli Afrika Bambaataa erano rap ma anche dei perfetti arrangiatori di canzoni. Quindi mi sono allargato e ho cercato di aprire la mente e la conoscenza. E sono tornato indietro nel tempo ripescando quei maestri di fine anni 70 che potessero darmi delle canzoni vere.
Quale ambizione ti anima?
Io voglio fare pezzi classici per la mia generazione, perché in giro canzoni come quelle dell’età d’oro della dance non ce ne sono più. Anche nella creazione dei pezzi dell’album sono stato “old school” senza nemmeno saperlo. Dopo aver steso i pezzi, i produttori mi hanno detto che anche 40 anni fa succedeva così: prima la musica, i fiati e poi i testi. Ho fatto un disco di musica dance suonato, prima degli altri. Anche se devo ringraziare Get Lucky dei Daft Punk e Bruno Mars per Treasure. Io ho iniziato, magari fra qualche anno gli altri mi seguiranno. Il movimento EDM non è David Guetta o Avicii. Sono tutti quelli che li hanno seguiti e hanno alimentato il genere.
CHRISTIAN D’ANTONIO