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I KASABIAN: ABBIAMO REINVENTATO IL ROCK

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Giu 13, 2014
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Ph.: Christian D’Antonio

Quando gli si chiede se si sentono gli eredi degli Oasis, i Kasabian dicono sempre che sono grandi fan della band di Manchester ormai estinta. Ma in quanto a grandeur e autocelebrazione, diciamo che non sono molto distanti da quella dei Gallagher dei tempi d’oro. Se n’è avuta la prova a Milano quando Serge Pizzorno e Tom Meighan, rispettivamente chitarrista e cantante, sono saliti su un tram colorato di rosa come la copertina del loro ultimo disco, 48:13, per presentare a fan e stampa la loro ultima creatura.

Un disco che si distanzia dai precedenti per un congegnato e ricercato tentativo di contaminazione di generi. Che lo rende sicuramente meno immediato dell’ultimo disco (Velociraptor del 2012, tanto popolare anche in Italia) ma che li rafforza nella loro crescita. “Abbiamo superato i 30 anni, siamo insieme da 10, abbiamo avuto figli, ed è una celebrazione di tutta la nostra carriera” ci hanno detto con sapiente spirito di autopromozione. Un po’ se lo possono permettere, visto che il rock, almeno il rock che fanno loro, non ha altri alfieri in patria in questo momento. “Ci abbiamo messo dentro tutto. Il soul, l’elettronica, l’hip hop, vogliamo reinventare il rock. Abbiamo creato un genere con questo disco che farà risorgere il concetto di rock”.

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Ph.: Christian D’Antonio

Un po’ troppo? Il singolo Ee-zeh ti entra nelle orecchie con un groove azzeccato, i testi, sebbene loro parlino di maturazione lirica, sono ancora molto in orbita di pub music. Ma intendiamoci, la ricerca sonora c’è, è ben ispirata a venature di stadium rock che consentiranno sicuro successo al grande appuntamento di Glastonbury, il più grande festival britannico e nei due show italiani (31 ottobre, Roma, Palalottomatica, 1 novembre, Milano, Mediolanum Forum).

Chi cerca una nuova Goodbye Kiss resterà deluso: qui le ballad quando ci sono sono più complesse, come Glass, che è ipnotica e filtrata. “Ci ispirano sempre i film, la loro musica, le atmosfere alla Jean Cocteau”, dicono e Glass sembra una diretta conseguenza di questa derivazione.

E mentre il tram si aggira a fatica nel traffico milanese (“è un simbolo di Milano, è famoso ormai”), la temperatura si alza a dismisura, loro concludono così: “Abbiamo passione, il disco è fantastico e siamo meglio ora di quando siamo usciti col primo. È il nostro nuovo linguaggio”.

CHRISTIAN D’ANTONIO