Ci aveva sorpreso con la fotografia realistica e nostalgica di Goodbye Malinconia, una delle punte de Il Sogno Eretico di tre anni fa. Ma con Museica, il suo nuovo album, il rapper pugliese Caparezza si supera e lancia un lavoro multimediale davvero unico nel suo genere. Tanto che è riduttivo definirlo rapper: Caparezza è uno dei pochi cantautori sulla scena italiana a catturare lo spirito del momento, elaborandolo con immaginifica maestria, sempre in bilico tra pop e denuncia. “Quando morirò più di tutto mi mancherà l’arte” ha detto ai giornalisti radunati in una galleria d’arte a Milano per il lancio del disco. E quindi è presto spiegato perché ognuno dei 19 brani che compongono il disco è associato a un’opera d’arte moderna e contemporanea, da cui trae ispirazione per poi volare verso metafore, associazioni di idee e ispirazioni evocative.
All’interno, unica concessione all’arte antica è Giotto Beat “dedicato all’unico artista che ha il moderno nell’antico, ha inventato la prospettiva e ha fatto dell’innovazione la base della sua visione artistica”. Caparezza lo associa al boom economico degli anni 60 (la connessione c’è, all’ascoltatore il compito di scovarla). E poi un richiamo all’arte visiva come pubblicità e contaminazione in Cover, il pezzo associato alla “banana” di Andy Warhol disegnata per il celebre disco dei Velvet Underground. “Ho velleità artisitche fin da piccolo perché volevo fare il fumettaro – dice il cantautore – ma tutta l’arte è sempre incentrata sulla realtà: attinge da essa o la rifugge”.
Impressiona la maturità delle scelte di Museica, la resa musicale di pezzi come Canzone a Metà (dove ripesca Il Sogno di Dickens di Robert William Buss) o la sua prima ballad, come la definisce lui stesso, che si chiama China Town, ma intesa come china di scrittura.
“Mi aspetto che il disco si ascolti più di una volta, è un passo importante che ho voluto fare alla mia sesta prova, anche se compaio come produttore per la seconda volta, avevo prodotto già il mio esordio. Ho allargato gli orizzonti e dopo una certa età mi vedo a fare il produttore, come i calciatori che diventano allenatori”.
Speriamo che vada avanti, per il momento, perché Caparezza ha saputo anche bilanciare egregiamente la creatività italiana (“scrivo a Molfetta”) e il know-how internazionale (ha mixato a Los Angeles con la direzione del sound engeneer dei divi, Chris Lord Alge). È vulcanico quando bastona gli italiani con pezzi come Compro Horror, sull’ossessione collettiva per i delitti in tv, e singolarmente eccentrico quando rifà un pezzo colonna sonora di un manga anni 70 (Kitaro). Di coraggiosi così, l’Italia ne avrebbe bisogno, in tutti i campi.
CHRISTIAN D’ANTONIO