L’ambizione è quella di far entrare i tamburi nell’acciaio. O meglio, la collisione dei due mondi su cui sembra reggersi l’Italia in questo momento: la Milano proiettata verso i grattacieli di Expo e le tradizioni delle tamburriate meridionali.
Questo fanno i componenti del trio Canto Antico: tramandare la secolare tradizione della tarantella e della tammurriata attraverso il linguaggio della modernità, per dar voce ad un patrimonio culturale di immenso valore ma spesso confinato in nicchie per pochi adepti o, ancor peggio, svilito da anacronistiche imitazioni senza cuore. Passato, presente e futuro si mescolano nel progetto artistico dei Canto Antico, trio di musicisti sincronizzati su unico battito: quello del South Beat, termine da loro coniato per definire il particolare genere di world music di cui sono fieri paladini. South Beat è anche il nome dato al nuovo lavoro in studio della band, attiva dal 2000 e con alle spalle numerosi riconoscimenti e tour internazionali. Un album che ha il sapore della svolta: più che segnare un nuovo capitolo nella discografia dei Canto Antico, South Beat rappresenta infatti il culmine di un percorso artistico iniziato con la fedele riproposizione delle musiche del Meridione, proseguito con il riarrangiamento personale dei brani della tradizione (si veda il precedente Jesce ‘a lla pubblicato nel 2006) e sfociato ora in una scrittura autorale che immerge tutto il bagaglio delle esperienze precedenti nei suoni e nei ritmi frenetici della metropoli.
“Volevamo raccontare in musica come l’essere emigrati a Milano, ormai quasi vent’anni fa, abbia modificato nel tempo il modo in cui viviamo il rapporto con la nostra terra d’origine. Continuiamo a sentire fortissima questa appartenenza, nel modo di suonare ma anche in quello di concepire le cose, di vivere i rapporti personali e di intendere la vita. Però oggi abbiamo occhi e orecchie diversi, una visione più globale della musica e della società, influenzata dal mondo in cui viviamo: la nostra ‘pulsazione sud’ si è arricchita di nuovi stimoli” spiegano i napoletani Armando Illario (fisarmonica e voce) e Francesca Di Ieso (tamburi a cornice italiani e voce), che insieme al milanese Francesco Nastasi (flauto, cornamusa e piffero) compongono il nucleo storico della band. Per registrare South Beat si sono avvalsi di preziose collaborazioni: dai musicisti Lorenzo Gasperoni (percussioni), Gianantonio Felice (basso) e Marcello Lomascolo (voce) fino all’Orchestra di via Padova di Milano, multietnica ensemble di musicisti che proprio grazie alla sua capacità di far dialogare culture diverse si è rivelata l’ideale per il progetto dei Canto Antico.
Il disco si presenta dunque come una miscela esplosiva di suoni e di esperienze, una musica tarantolata che dalla cima del Vesuvio scende nelle campagne del Mezzogiorno per assorbirne i segreti tramandati da generazioni e poi risale lungo la Penisola seguendo il richiamo di nuove influenze sonore. Il filo conduttore, a livello strumentale, è la pulsazione ritmica: proprio come accade nelle tammurriate e nelle tarantelle, ogni composizione dei Canto Antico muove i suoi passi dall’incedere instancabile, quasi posseduto, di tamburi, tamburelli e percussioni.
CHRISTIAN D’ANTONIO