Svegliarsi leggendo della scomparsa di David Bowie, con l’annuncio della famiglia sulla sua pagina facebook, è stato a dir poco immobilizzante: “January 10 2016 – David Bowie died peacefully today surrounded by his family after a courageous 18 month battle with cancer. While many of you will share in this loss, we ask that you respect the family’s privacy during their time of grief”. Alla nostra età, ci sia aspetta che un giorno o l’altro le ‘stars’, idealizzate come immortali, possano spegnersi con più frequenza e questo rende ogni addio ancora più malinconico.
Il rifiuto iniziale alla lettura della data di morte, un rapido flash e poi un ombra scura, con lo sguardo che scorreva sulla frase di facebook e le immagini della sua “Blackstar”, insieme a fotogrammi di quel video e di quello di “Lazarus” che odoravano di malattia. Le analogie offuscavano i pensieri: “died peacefully today” aveva un eco artefatto, che non suonava naturale. L’uscita del disco il giorno del compleanno, poi quell’annuncio… una nube di polvere ed un dolore sordo, come l’implosione di una stella. Sembrava proprio una sceneggiatura perfetta, più che un presagio. Un chiaro testamento. Scrivere di tutto questo è molto faticoso e mi sono dovuta trascinare sino a notte fonda per farlo. David Bowie è un artista che ho ammirato ed amato molto.
La stella nera della copertina del disco, il cui artwork è stato realizzato da Johnathan Barnbrook, rappresenta una stella che si frantuma e compone il nome “Bowie”… niente di più evocativo, così come il video di “Blackstar”, un brano a dir poco angosciante, che nelle immagini ripropone un’ambientazione chiaramente fantascientifica e “spaziale”, una ragazza che si avvicina ad astronauta morto, l’immagine di un sole/stella che diventa un buco nero, oltre ad altri diversi segnali che portano a diverse interpretazioni simboliche, come il rituale finale che ricorda alcune funzioni religiose tribali, un funerale, insomma. La stella, però, racchiude il messaggio più forte.
Per semplificare il concetto, in astronomia, l’implosione e la morte di una “grande” stella, può generare quello che viene definito ‘buco nero stellare’, che si forma proprio dal collasso gravitazionale di una stella massiccia. Il termine ‘buco nero’ è dovuto al fisico John Archibald Wheeler, in precedenza si parlava proprio di ‘dark star’ o ‘black star’. Oppure può esplodere e divenire una ‘supernova’, in sintesi una stella dalla cui morte si genera una ‘polvere di stelle’ (stardust). La mia interpretazione, forse un po’ troppo romantica, è più un’analisi simbolico-analogica, dettata dall’intuizione e dall’interpretazione dei tanti segni raccolti nei testi, nella grafica e nei video. Ma nel mondo surreale di Bowie, tutti questi segni potrebbero essere addirittura prove, parte del copione.
Che David abbia pensato ad un addio in grande stile, comunicato in via subliminale, ci può stare, data la creatività e la stravaganza che hanno caratterizzato la sua vita. Che tutto questo venga colto dalla stampa e dai media così in ritardo, è ancora più surreale.
Se in “Blackstar” il messaggio è soggettivo, nel testo di “Lazarus” mi pare che sia alquanto diretto: “Look up here, I’m in heaven I’ve got scars that can’t be seen, I’ve got drama, can’t be stolen. Everybody knows me now”, chiaramente riferito alla malattia, con la quale l’artista ormai conviveva da almeno 18 mesi. Nel video del brano, diretto da Johan Renk, David Bowie in un letto di ospedale, bendato e morente ricorda con rammarico gli errori della sua vita, mentre dal basso una mano sembra “andare a prenderlo”. Poi in altre immagini nello stesso video, vestito di nero Bowie scrive (un testamento?) e poi si ritira alla fine in un armadio, che ricorda una bara, come ha osservato Ivan Cattaneo insieme alle sue ipotesi di una morte assistita dell’artista, nella sua nota su rockol.it.
Anche Brian Eno, in una sua dichiarazione al NME, ha riferito di aver ricevuto una mail da Bowie una settimana fa in cui Bowie avrebbe scritto, alla fine, quasi un messaggio di addio: ‘Thank you for our good times, Brian. they will never rot‘ firmandosi “Dawn”. Altri artisti e grandi amici di David, lo hanno ricordato affettuosamente sui socials, da Nile Rodgers che lo commemorato con un messaggio dal cuore “Dearest David, #RIP – Your life changed my life. LOVE FOREVER” ed una foto scattata da Peter Gabriel, ai Duran Duran, in particolare John Taylor lo ha ricordato con poche semplici parole: “Seriously, what could you say to the man who changed everything, and made anything possible?” e Nick Rhodes, che ne ha elogiato l’influenza sulla band: “He fed us pure inspiration, beautifully strange and always unpredictable, yet somehow everything made perfect sense. No other musician was more influential for our generation. David was a pioneer, an inventor, a space traveller, a superhero, a truly astonishing songwriter and a friend. It’s hard to imagine that any artist will ever leave more musical and cultural treasure behind. Thank you for letting us share your journey DB. We’ll miss you more than you’ll ever know.” Anche Madonna, ha lasciato un accorato messaggio sui social networks, in memoria di David, sostenendo quanto lui avesse cambiato la sua vita, per sempre e concludendo con un pensiero, che potrebbe essere un po’ il pensiero di tutti: “Thank you David Bowie. I owe you a lot. The world will miss you”.
E mentre gli artisti e amici di una vita, si preparano a commemorarlo in un requiem (a New York?), il mondo e il web lo ricordano con affetto e tanta malinconia. Non se esiste davvero un mondo o una dimensione oltre questa realtà materiale, spero di ritrovarci tutti li, quando sara’ il momento.