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Bandabardò, incontro con la live band più amata d’Italia

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DiChristian D'antonio

Giu 10, 2014

banda

Sono passati più di 20 anni dall’esordio dal vivo della Bandabardò, l’ensamble toscano che ha toccato i cuori e le orecchie di almeno due generazioni. Irriverenti, ironici, diversi da tutti gli altri, col loro mix di folk e rock tornato il 10 giugno con un album, L’Improbabile, forti di un nuovo contratto con un’etichetta major come la Warner italiana.

“Molti si sono stupiti quando hanno saputo del nostro passaggio a una dimensione più grande – ci ha spiegato il cantante e anima della band, Enrico Erriquez Greppi – ma per noi non è cambiato niente. Volevamo solo essere sicuri di avere una distribuzione capillare e un video ma tutto era già pronto. La Warner ci ha presi come eravamo senza intervenire nelle scelte artistiche, quindi non si capisce da dove deriverebbe il “tradimento” alle nostre origini”.

Piccole beghe del solito snobismo indie italiano: appena si approda a lidi più grandi, molti si sentono lasciati per strada. Succede con band molto più giovani, figuriamoci con chi calca le scene dagli anni 90. “Tanti ci associano a feste dell’Unità, a un clima politico ben posizionato a sinistra. La verità è che noi siamo tanti e tutti con idee diverse. Quindi non lanciamo indicazioni ma solo il nostro modo di vedere l’Italia di oggi”.

Enrico con Andrea Orlandini, il chitarrista, spiega la genesi del loro nuovo album di inediti (il primo dal 2011) così: “I temi sono nati nel rifugio di Jacopo Fo chiamato Alcatraz, una situazione davvero inusuale. Lì c’è un conio e una carta d’identità come se ci si trovasse in un’altra nazione e per la prima volta abbiamo provato a scrivere canzoni senza un tema conduttore ma attingendo a tutti gli aspetti della nostra vita, come si fa nelle discussioni al bar”. C’è molta più sapienza e profondità delle banalità di circostanza, e i protagonisti anche se giocano all’understatement, lo sanno: “In Italian Expo abbiamo parlato di tutto quello che abbiamo esportato con i nostri geni, da Madonna alla Mafia, ed è un modo per dire che noi italiani oggi siamo un popolo di diversi, tanto che è difficile catalogarci”.

Bandabardò, che a Milano suonerà al Carroponte il 18 luglio, a Pistoia Blues il 12, e a Roma alla Centrale del Tennis il 3 luglio, non si scrolla di dosso quindi l’etichetta di band impegnata: “Ma affrontiamo gioie e dolori della nostra vita con un sorriso, se c’è un tema principale del nuovo disco è proprio l’improbabilità che rende tutto così curioso e avvincente”.

La passione critica non la perdono “ma è declinata in positivo”, dicono. E si sente in brani trascinanti come Senza Impegno “dove per la prima volta suoniamo con una cassa da ritmi disco”, e in La Selezione Naturale, una denuncia su chi guadagna sulle sventure dei terremotati.

Con tutta l’attività live che hanno anche all’estero, la comunicativa di questa band così longeva deve essere necessariamente basata anche su altro: “La cosa che più ci ha fatto piacere – dice Enrico – è che in Germania, ad esempio, ci dicono che cantano perché i nostri occhi comunicano, anche se non si capiscono le parole. In altri posti , come il Canada francese, siamo sempre ricevuti con grande entusiasmo, lì c’è proprio un culto per chi porta la musica in strada”. Di mainstream, quindi, non se ne parla proprio: “Per noi la dimensione che ci soddisfa è quella dei live anche di provincia, dove sei l’evento dell’estate e tutti ti aspettano non perché ti hanno visto in tv ma perché vogliono ascoltarti, parlarti. Ricordo ancora un passaggio televisivo in tv anni fa, fu un incubo. È come se stessimo facendo un altro mestiere, ore di prove per tre minuti di messa in onda. Noi siamo per i concerti veri”.

CHRISTIAN D’ANTONIO

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Christian D'antonio

Christian D'Antonio (Salerno, 1974) osserva, scrive e fotografa dal 2000. Laureato in Scienze Politiche, è giornalista professionista dal 2004. Redattore di RioCarnival. Attualmente lavora nella redazione di JobMilano e collabora con Freequency.it Ha lavorato per Panorama Economy, Grazia e Tu (Mondadori), Metro (freepress) e Classix (Coniglio Ed.)