Un po’ country e un po’ elettronico, ma sempre rareffattissimo e introspettivo. Il nuovo Beck, che si può ascoltare su tutti i digital store e nei negozi fisici in Morning Phase, è un artista cresciuto e maturo. Che festeggia a modo suo il ventennale di carriera: esordì nel 1993 e l’anno dopo fu numero uno in tutto il mondo con l’indimenticata Loser, un evergreen degli anni 90.
Da allora 12 album, l’ultimo di inediti che è datato 2008 (Modern Guilt) e un credo costante: fregarsene del gusto imperante e fare musica che più alternativa non si può.
Il disco, se si è appassionati di musica “da risveglio” è la perfezione assoluta, il bilanciamento perfetto tra acustico ed elettronico. Con echi della tradizione americana, sia nel cantato che nella composizione, Beck si spinge fino a lambire vocals che ricordano a tratti anche Kurt Cobain. Ma il meglio è costituito dalle canzoni di attacco del disco, quelle in cui non a caso ritorna la parola “morning” a ripetizione. Cycle è dolce e ipnotica Day Goodbye e Walking Light rapiscono per la profondità della costruzione armonica, Blue Moon, stralunato e fragile primo singolo, non ha speranza nella playlist nemmeno dei programmi notturni più oscuri ma incuriosisce per questo.
Beck sembra divertirsi a fare se stesso e mettersi a suo agio nella nicchia in cui non passa certamente inosservato.
È il padre di tutti gli indie attuali e col fido papà natural (Davvid Richard Campbell) condisce le composizioni di una sezione d’archi con alcuni passaggi strepitosi. «Quando fai un disco – ha detto a una radio americana, in una delle poche interviste che ha concesso – senti solo il 20% di quello che è stato fatto. Avevo dei frammenti e mi sono chiuso nello studio Capitol a Los Angeles e ho iniziato a lavorare da quei pezzetti. C’è una canzone, Wave, che è stata registrata 5 anni fa e volevo darla ad altra gente, e così ho iniziato a fare canzoni che potrebbero andare con quel sound, con un mood molto Nashville. Il disco è molto lento, una hit deve essere a 120 beat, questo non è così». Un mago della progressione armonica, Beck rivela anche che la musica che si sente nel disco «è sempre nella mia testa e poi la registro per non dimenticarmela. C’è un assolo dell’orchestra nel disco ed è una cosa che io ho cantato e loro hanno tradotto in arrangiamento».
CHRISTIAN D’ANTONIO